L’ex collaboratore si assume le responsabilità: “I soldi li prendevo io”. L’europarlamentare alleggerito dalle accuse, ma resta l’ombra del meccanismo irregolare
Pesaro – Colpo di scena nell’inchiesta “Affidopoli”. Dopo dieci ore di interrogatorio, l’ex collaboratore comunale Massimiliano Santini ha deciso di parlare. Davanti agli inquirenti ha scagionato l’ex sindaco e oggi europarlamentare Matteo Ricci, ma allo stesso tempo ha confermato l’esistenza di un sistema di affidamenti diretti che per anni avrebbe guidato alcuni appalti comunali.
“Ricci non prendeva soldi né vantaggi. Io mi occupavo di tutto, e se c’erano pressioni era solo perché lui voleva che le pratiche scorressero veloci”, ha dichiarato Santini.
Un passaggio che, da un lato, alleggerisce la posizione dell’ex primo cittadino – oggi in corsa per la presidenza della Regione Marche – ma dall’altro non dissolve le ombre su una gestione considerata opaca dagli investigatori.
Santini ha ammesso di aver incassato denaro in prima persona e ha consegnato agli inquirenti un telefono cellulare e una scheda SIM utilizzati per i contatti legati agli affidamenti. Elementi che ora saranno analizzati per ricostruire con maggiore precisione la rete di rapporti e responsabilità.
La difesa di Ricci ha accolto positivamente le parole dell’ex collaboratore, parlando di “chiarimento atteso” e sottolineando come l’europarlamentare “sia stato riconosciuto estraneo al giro di denaro”.
L’inchiesta però non si chiude qui. Perché se è vero che la posizione di Ricci sembra alleggerirsi, la conferma dell’esistenza di un “sistema” riapre il dibattito politico e rischia di lasciare un’ombra lunga sulla campagna elettorale marchigiana.
Rosalba Angiuli

