PESARO – Mentre l’Italia continua ad applicare sanzioni contro oligarchi e vertici politici russi per l’invasione dell’Ucraina, una domanda scomoda si fa strada dai colli del San Bartolo: perché la villa associata alla terza carica dello Stato russo, Valentina Matvienko, non è mai stata sequestrata?
Il caso è tornato con forza all’attenzione pubblica dopo che la Federazione Russa ha inserito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella sua lista nera, colpevole di aver espresso critiche alla guerra in Ucraina. Un atto ostile che ha spinto due parlamentari italiani a presentare interrogazioni urgenti.
Ivan Scalfarotto (Italia Viva), responsabile esteri del partito, è stato netto:
“È intollerabile che Valentina Matvienko, figura di primissimo piano del potere russo, continui a beneficiare di una sorta di zona franca sul nostro territorio. Presenterò interrogazione ai ministri dell’Interno e degli Esteri affinché spieghino come sia possibile che una proprietà riconducibile alla ‘zarina’ non sia stata mai toccata dalle sanzioni.”
Un cartello che minaccia la violazione di domicilio è oggi l’unico “scudo” a protezione della villa sul San Bartolo, struttura di lusso con piscina, rimasta fuori da qualsiasi misura restrittiva. Nessun sequestro, nessun vincolo, nessuna spiegazione.
A rincarare la dose è Marco Lombardo (Azione), che ha interrogato il ministro Piantedosi:
“Voglio sapere per quale motivo la villa di Pesaro, riconducibile alla presidente del Consiglio Federale russo, non sia mai stata sequestrata. Parliamo di una delle massime cariche del regime di Putin. Ci troviamo di fronte a una grave e ingiustificata inadempienza da parte delle istituzioni italiane.”
Le sanzioni europee sono in vigore dal 2022. Abbiamo visto yacht salpare in fretta dai porti, conti bancari congelati, beni immobili bloccati. Ma non a Pesaro, dove tutto sembra restare immobile e protetto da una rete di formalismi.
Il console onorario russo ad Ancona, Marco Ginesi, ha dichiarato che la villa non è mai stata intestata a Valentina Matvienko, bensì a un fondo immobiliare (Dominanta) legato a Vladimir Svinin, noto immobiliarista di San Pietroburgo e anche acquirente dell’hotel Ambassador. La gestione era affidata ad Artur Akopian. Ma è una distinzione puramente formale: nei fatti, la residenza viene tuttora utilizzata dalla famiglia Matvienko. Il figlio Sergej vi ha soggiornato anche quest’estate, in compagnia di amici o della moglie Julia, imprenditrice e stilista.
Il silenzio delle autorità italiane su questo caso è assordante. È possibile che un bene di lusso, utilizzato stabilmente da membri di una famiglia così strettamente legata al potere russo, non sia mai stato monitorato seriamente?
Oppure ci troviamo di fronte a un caso di extraterritorialità di fatto, mascherato da cavilli legali?
Non è l’unico caso pesarese che solleva interrogativi. Anche l’oligarca Boris Spiegel possiede una villa storica sul colle Ardizio. Scarcerato dopo due anni di detenzione per essersi opposto a Putin, Spiegel potrebbe presto tornare in città. Sua moglie, appassionata di lirica, è ancora detenuta.
Nel frattempo, la villa della “zarina” resta silenziosa, circondata da un’aura d’impunità. E mentre l’Europa si interroga su come rafforzare il fronte delle sanzioni, a Pesaro si continua a tollerare un’eccezione che ha sempre più l’aspetto di un privilegio politico.
Le istituzioni devono rispondere. Perché la legalità e la coerenza della politica estera non possono fermarsi di fronte al cancello di una villa con piscina.
Rosalba Angiuli
Foto tratta dal web

