L’Oboe di Francesco Di Rosa incanta il pubblico

Ho imparato molte cose in vista del concerto che ha portato a Pesaro Francesco di Rosa, protagonista del secondo appuntamento della stagione musicale 2022 dell’Ente Concerti di Pesaro, unitamente all’Orchestra Filarmonica Marchigiana (Form) diretta per l’occasione dal ravennate Jacopo Rivani. Considerato dal pubblico e dalla critica come uno dei migliori oboisti nel panorama internazionale, già primo oboe dell’Orchestra del Teatro alla Scala (1994-2008) sotto la direzione di Riccardo Muti e Daniel Baremboim, Di Rosa ricopre da allora  questo ruolo in seno all’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Marchigiano di Montegranaro (FM), vanta un curriculum prestigioso:  come solista si è esibito nelle sale da concerto più prestigiose del mondo sotto la direzione delle più celebri bacchette contemporanee: Abbado, Giulini, Chailly, Gatti, Boulez, Sawallisch, Pretre, Maazel, Muti, Metha,  Gergiev e Chung. Attualmente suona con il Quintetto di Fiati Italiano e i Cameristi di Santa Cecilia. Come primo oboe è stato invitato da prestigiose orchestre come i Berliner Philharmoniker, la Bayerischer Rundfunk, la Maher Chamber, la Camerata Salzburg, l’Ochestra Mozart di Claudio Abbado, l’Orchestre National de France e l’Orchestre de la Suisse Romande di Ginevra. Fondatore del Movimento ‘Musician for Human Rights’ e della ‘Human Rights Orchestra’, suona un oboe Buffet Crampon Virtuose.
Di Rosa si è esibito nel Concerto per oboe in fa maggiore op. 13, n. 1, mirabile composizione di Giuseppe Ferlendis (Bergamo, 1755- Lisbona, 1810). Musicista poco conosciuto ai non addetti ai lavori, Ferlendis poco più che ventenne, si trasferì  nell’aprile 1777 a Salisburgo per  ricoprire il ruolo di primo oboe presso l’orchestra di corte del principe Arcivescovo Hieronymus Colloredo di Salisburgo, la stessa dove Mozart suonava al tempo come primo violino. In virtù  delle sue straordinarie doti di interprete, Mozart –  che lo stimava molto e che lo ebbe come amico – scrisse per lui, probabilmente tra l’aprile ed il settembre 1777- il Concerto per oboe  in do maggiore K6 271 k  che successivamente trasformò in un concerto per flauto (K 314) trovandosi in gravi difficoltà ad adempiere all’impegno che aveva assunto con il flautista H. de Jean . Chiaramente il concerto scritto per Ferlendis fu  trasportato da do maggiore re maggiore  e  modificato in alcune parti per essere adattato al nuovo strumento.
Il Concerto scritto dall’oboista bergamasco è una composizione brillante e di grande effetto’ –ci raccontano le preziose note di sala elaborate dal musicologo anconetano Cristiano Veroli  – Anche se non può competere con  quello mozartiano quanto ad inventiva e ricchezza strutturale (soprattutto sul piano del rapporto dialogico tra solista e orchestra che nel brano di Ferlendis risulta ancora per molti aspetti ancorato alla vecchia alternativa barocca tra solo e tutti), si fa apprezzare soprattutto per l’eccezionale rilievo (rispetto ai modelli dell’epoca che facevano riferimento in particolare,  alla scuola di Mannheim) conferito allo strumento solista, protagonista assoluto della scena con grande ricchezza di temi e motivi e con impegnative figurazioni virtuosistiche’.
Il M° Francesco Di Rosa -dotato di una dolcezza di suono e di fraseggio d’incommensurabile grandezza – ha stregato e commosso il pubblico. Avrei voluto sentirlo suonare molto di più: onestamente mi è sembrato troppo poco il tempo riservato ad un simile musicista! Lo spettacolo è proseguito con un programma indubbiamente raffinato che ha spaziato dal ‘Preludio al meriggio di un fauno’ di Dé bussy, l’ouverture de ‘Le Nozze di Figaro’ di Mozart e la Sinfonia n.5 in si bemolle magg. D 485 di Franz Schubert: scritta nel 1816, per freschezza e vivacità dei temi è considerata la più ‘mozartiana’ tra le sinfonie del compositore austriaco.
La stagione dell’Ente Concerti (presieduto da Marta Mancini e diretto, sotto il profilo musicale, da Federico Mondelci) proseguirà in data 6 febbraio (ore18) con il Duo Massimo Mercelli – Lorenzo Bavaj. A presto!

Paola Cecchini

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